lunedì 16 settembre 2013

Passeggiata per le strade di Fanano, gioiello artistico incastonato tra i monti

(articolo apparso su Prima Pagina del 15 settembre 2013)
 
Quello che Donatella Swift – milanese, insegnante di materie letterarie nelle scuole superiori – ha da poco dato alle stampe per i tipi de Il Fiorino è un agile volumetto che alla ricostruzione delle principali tappe della storia di Fanano intreccia ricordi personali e descrizioni di luoghi, edifici e tradizioni. Poste a corredo delle poco più di settanta pagine, numerose fotografie d'epoca offrono una suggestiva espressione figurativa di quei petali di storia cui allude il titolo.
Fanano è un Comune dell'Alto Frignano i cui confini si estendono fino a comprendere – a mo' di fetta di una torta – una porzione della vetta del monte Cimone, incontrastato dominatore, dall'alto dei suoi 2165 metri, dell'intero Appennino modenese. Sulle origini del toponimo, documentato a partire dall'VIII secolo, le ipotesi sono molteplici, anche se è probabile che esso derivi dalla parola «Fannianus», riconducibile ad un nome proprio di persona o interpretabile come prediale (cioè derivato dal nome di un fondo rustico) di «Fannius». Quanto alla data di fondazione, non si hanno certezze: tuttavia la maggior parte degli studiosi è oramai concorde nell'individuare presso la località di Fanano antichi insediamenti di etruschi, liguri e romani. In sostanza, rileva l'autrice, «l'unico dato che sembra essere abbastanza assodato è che Fanano rimase autonoma fino a quando non arrivarono in zona i Longobardi».
A partire dall'VIII secolo le notizie si fanno più precise. Per sommi capi, Donatella Swift ripercorre la storia di Fanano, soffermandosi su alcuni episodi significativi. Il primo risale al 749, anno in cui re Astolfo donò il territorio del paese ad Anselmo (poi santo), duca del Friuli, il quale vi fondò in seguito un Monastero, un Ospizio benedettino e la Pieve di San Silvestro. Successivamente il monastero passò alle dipendenze dell'Abbazia di Nonantola (anch'essa fondata da Anselmo), per poi subire un progressivo declino – certificato dalla  scomparsa dai documenti ufficiali – che si protrasse fino agli anni trenta del XIV secolo.
Dagli scontri tra guelfi e ghibellini, passando attraverso il periodo della sottomissione alla casa d'Este, la narrazione compie un lungo salto fino ai tempi recenti delle due guerre mondiali. Nella seconda, in particolare, trovandosi a ridosso della Linea Gotica, Fanano pagò un alto prezzo in termini di vite umane, come ricordano le stele e i cippi disseminati «lungo la strada che porta a Sestola e la Porrettana».
Oggi il paese, che ha tratto enorme beneficio dalla via Fondovalle, è un'importante meta turistica, «piccolo isolotto configurato come un centro medioevale in mezzo alle montagne circostanti». Tra le sue diverse attrazioni, la Swift ricorda nello specifico quella del cosiddetto Presepe Vivente, risalente al 2010: si tratta di «una kermesse che consente di visitare anche luoghi privati spesso inaccessibili e che vede la partecipazione attiva di decine di figuranti in costume d'epoca».
La parte centrale del volume si sofferma sugli edifici e sui luoghi storici del paese, alternando descrizione e ricordo personale. I brevi capitoletti formano di fatto un'interessante guida turistica, con la quale l'autrice intende condurre mano nella mano il lettore alla scoperta di Fanano.
L'ideale passeggiata comincia dalla cosiddetta Torre del Poggiolo – parte del vecchio Castello di Fanano fatta spianare dal duca Alfonso I  (al fine di sopire aspre rivalità tra fazioni) e poi ricostruita verso la metà del XVI secolo – e dalla Torre Ottonelli, «che un tempo ospitava anche la campana della comunità».
Passo successivo, il Monastero e la Chiesa di Santa Chiara, fatti costruire a fine Cinquecento da Ottonello Ottonelli. Agli inizi del Novecento l'intera struttura conventuale fu seriamente danneggiata da una forte scossa di terremoto: occorsero circa sette anni per la ristrutturazione, che fu completata nel 1928. Il monastero, ricorda l'autrice evocando l'infanzia, «era famoso per l'abilità con cui le monache tessevano trine», ricamavano ed eseguivano rammendi, al punto che «nelle loro mani gli indumenti rovinati e sicuramente destinati ad essere buttati divenivano come nuovi».
Proseguendo il cammino scendendo dalla piazzetta del Poggiolo si incontra la Chiesa di San Giuseppe (anch'essa eretta per volontà dell'Ottonelli), nella quale è «possibile ammirare bellissime ancone in legno che incorniciano bellissimi capolavori», come il Martirio di Santa Caterina di Lorenzo Gennari, collaboratore del Guercino.
Segue Palazzo Lardi, «una delle bellezze architettoniche più importanti del luogo», anticamente destinato a sede del corpo di fanteria. A lato dell'edificio, celebre per aver ospitato Cosimo il Vecchio de' Medici («esiliato a Venezia dai suoi rivali», come si legge su una lapide di marmo a ricordo dell'avvenimento) e i papi Eugenio IV e Leone X, spicca la Torre dell'Orologio, il cui meccanismo è tuttora caricato manualmente.
Dai punti di ritrovo di Piazza Corsini e Piazza della Vittoria – dove nel 1925 fu solennemente inaugurato il monumento ai caduti della Grande Guerra, opera dello scultore pistoiese Pasquali – si giunge poi alla Pieve di San Silvestro, altro edificio simbolo di Fanano, fondato da Sant'Anselmo. Distrutta da un incendio agli inizi del Seicento, la chiesa subì una riformulazione della pianta che portò all'inversione della facciata dal lato ovest al lato est. L'interno, a tre navate, è impreziosito da tredici cappelle «volute dalle più importanti famiglie fananesi», entro le quali si conservano pregevoli dipinti di artisti veneti, toscani ed emiliani.
Poco distante dalla pieve è situata Villa Monari-Severi, risalente, come riporta un'iscrizione sulla facciata, al 1666. Curiosamente, accanto alla lapide con l'anno di costruzione spicca una citazione latina tratta dal Bellum Iugurthinum di Sallustio: «Concordia parvae res crescunt, discordia maximae dilabuntur» (ovvero, nell'armonia le piccole cose crescono, nella discordia anche le più grandi si dissolvono).
Imboccando via Pedrocchi, «un po' il salotto buono di fananesi e non», si incontrano due edifici che offrono «una testimonianza tangibile del fatto che Fanano nel periodo rinascimentale e nella successiva età barocca godeva di uno status economico e sociale di tutto rispetto»: si tratta di Palazzo Monari e di Palazzo Coppi, situati l'uno di fronte all'altro. Il primo, eretto nel XVI secolo, presenta una caratteristica facciata costituita da un semplice paramento murario in pietre locali; il secondo, risalente al secolo successivo, si distingue essenzialmente per il portale principale decentrato e le finestre che, dotate di «un'ampia piattabanda sull'architrave sostenuta da mensole sagomate in funzione di edicola», ornano la facciata con un effetto chiaroscurale.
Giunti quasi al termine del percorso, restano ancora da ammirare la Chiesa di San Colombano – probabilmente la prima chiesa cristiana di Fanano, costruita nel VII secolo e restaurata tra 1588 e 1602 –, il Convento delle Cappuccine – poco distante dalla chiesa parrocchiale di San Silvestro, edificato alla fine del XVII secolo – e l'Oratorio della Madonna del Ponte – costruito a fine Cinquecento e completamente restaurato nel 1650 dalla famiglia Ottonelli.
Le ultime pagine del volumetto si soffermano sulle chiese di Lotta, frazione di Fanano, e, per finire, sulla Chiesa di San Francesco: essa è situata nel luogo dove un tempo sorgeva un convento francescano (poi soppresso per volontà del duca Francesco III d'Este), e merita menzione soprattutto per il porticato seicentesco, retto da eleganti colonne ioniche.

Appuntamento ogni domenica su Prima Pagina con la rubrica La nostra storia

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