lunedì 8 luglio 2013

«Viaggio sentimentale nella Bassa»: la pianura emiliana tra storia, arte e tradizioni

(articolo apparso su Prima Pagina del 16 giugno 2013)
 
«Le Alpi, si sa, sono un muro di sasso, una diga confusa, fanno tabula rasa di noi che qui sotto, lontano, più in basso, abbiamo la casa; la casa ed i piedi in questa spianata di sole che strozza la gola alle rane, di nebbia compatta, scabrosa, stirata che sembra di pane. Ed una strada antica come l'uomo, marcata ai bordi dalle fantasie di un duomo; e fiumi, falsi avventurieri che trasformano i padani in marinai non veri».
Quando Francesco Guccini, in una celebre canzone (Emilia) dell'ormai lontano 1990, rendeva omaggio con queste parole alle vaste distese della pianura padana, compiva, in sostanza, un viaggio sentimentale nella Bassa che oggi, ad un anno dal disastroso terremoto del 20-29 maggio 2012, non può non risultare commovente per chi ha familiarità con quelle terre. Un viaggio sentimentale che gli effetti catastrofici del sisma (che ha ridotto in macerie edifici  secolari) rendono ora più che mai necessario, se non si vuole correre il rischio di smarrire, oltre alla parte del patrimonio storico-artistico che non potrà essere recuperata, anche l'identità, frutto del legame col passato, di intere comunità.
In sintonia con i versi di Guccini pare porsi, a oltre vent'anni di distanza, il libro che Mario Lùgari ha da poco dato alle stampe (Viaggio sentimentale nella Bassa. Itinerari nella Pianura Emiliana tra Enza e Reno, Il Fiorino, 2013), uno «scrigno della memoria» che intende condurre il lettore attraverso suggestivi itinerari nel cuore della Bassa emiliana. Una terra che, a parere dell'autore, «non è soltanto un luogo geografico, dove la nebbia, da ottobre a marzo, e l'afa, da luglio a settembre, la fanno da padroni», bensì «un mito, [...] un posto dove non si vorrebbe stare per via del clima uggioso e delle zanzare, e dove, tuttavia, gli abitanti [...] hanno imparato a vivere senza tristezza».
Il volume di Lùgari può considerarsi diviso in due parti. La prima costituisce un vivace affresco del paesaggio della Bassa, arricchito da note storiche e di folklore; la seconda intende invece condurre il lettore lungo cinque differenti itinerari, e rappresenta un'ideale passeggiata mano nella mano con lo scrittore alla scoperta dei paesi e dei luoghi della pianura emiliana. Il percorso prende avvio dalla riva sinistra del Panaro (itinerario 1), per poi addentrarsi «nelle terre della Partecipanza Agraria» (itinerario 2), esplorare la sponda destra del Po (itinerario 3), soffermarsi brevemente sulla città di Modena – e da lì proseguire lungo un tracciato che si sviluppa sulla strada "Romana" e sulla Via del "Canaletto" (itinerario 4) – e infine andare alla scoperta della Bassa reggiana (itinerario 5). Il tutto corredato da un ricco e suggestivo apparato fotografico.
Paese dopo paese, da Navicello nel Modenese fino alla "guareschiana" Brescello nel Reggiano, Lùgari descrive pazientemente palazzi e monumenti, ricostruendo per sommi capi la storia delle località e facendo menzione di numerose interessanti curiosità (quanti sanno, per esempio, che secondo la leggenda nel 1084 Matilde di Canossa sconfisse a Sorbara i soldati del rivale Enrico IV «dopo averli sorpresi all'alba ancora in preda ai fumi del Lambrusco»?). Più che sui singoli Comuni, tuttavia – dal momento che in questa sede sarebbe impossibile ricordarli tutti –, vale la pena soffermarsi sulla Bassa nel suo complesso, sul suo passato e sulle sue tradizioni.
La vasta pianura emiliana, si diceva poc'anzi, è dunque un mito, una terra che, dalla politica alla letteratura, ha spesso acquisito precise connotazioni simboliche. Innanzi tutto, la Bassa – scrive Lùgari – «è un mito anche per ciò che rappresenta nella storia della sinistra». Dall'esperienza di Camillo Prampolini a quella di Gregorio Agnini, in Emilia il socialismo ottenne sul finire dell'Ottocento significativi successi, dando impulso a quella attività cooperativistica e sindacale che avrebbe conosciuto durante il secolo successivo un consistente quanto rapido sviluppo. Il che si spiega soprattutto col fatto che nell'area gravitante intorno a Modena e Reggio «il socialismo – stando a quanto ha affermato lo storico Maurizio Degl'Innocenti – nasceva e prorompeva, spesso impetuosamente, dalla campagna, comunque dalla Bassa, intorno al rapporto uomo-terra».
Le lotte contadine ispirarono nel corso del Novecento artisti e scrittori di grande notorietà. Basti pensare al famoso dipinto in cui Pellizza da Volpedo ritrae un Quarto Stato in marcia verso le conquiste sociali; ma anche alla celeberrima saga di don Camillo e Peppone, nella quale i protagonisti del suddetto quadro sembrano prendere vita, animati dalla sferzante ironia di Guareschi. E tanto il pittore quanto il romanziere ambientano la propria opera nella pianura padana, in quella Bassa dove il caldo – come potrebbe testimoniare l'indimenticabile Fernandel – «è una roba che si vede e si tocca», quasi «un gran velo ondeggiante di vetro bollente».
A rileggere nelle parole di Guareschi lo sfogo di un don Camillo stremato dalla calura estiva, la mente riproduce, quasi in automatico, l'immagine del parroco di Brescello che cede alla tentazione di spogliarsi dell'abito talare per trovare refrigerio nelle placide acque del Po. Nell'architettura narrativa dei racconti guareschiani, il fiume costituisce un elemento tutt'altro che secondario, un autentico protagonista capace di dettare i ritmi di vita delle comunità della Bassa emiliana. E di questo è ovviamente consapevole anche Lùgari, che infatti precisa che «non si contano le esondazioni che il grande fiume e i suoi affluenti hanno provocato nel corso dei secoli». Conseguenza dello stretto rapporto che necessariamente si è creato tra uomo e fiume sono stati pertanto i continui lavori per controllare il flusso delle acque, dalle centuriazioni romane fino ai più recenti consorzi di bonifica, passando attraverso le opere di regimazione idraulica realizzate «nel XVI e XVII secolo dai Bentivoglio e dai Gonzaga».
Se le condizioni naturali del territorio hanno stimolato negli anni la proverbiale laboriosità degli abitanti della Bassa, questo però non significa che la pianura sulla riva destra del Po non offra altro che terra fertile da coltivare. Guccini canta di un'Emilia «sognante fra l'oggi e il domani, di cibo, motori, di lusso e balere»; e di nuovo Lùgari gli fa eco ricordando i «primi piatti eccellenti a base di tortellini, cappelletti, lasagne, tortelli di ricotta e di zucca», la mitica "salama da sugo", il "bensone", spesso accompagnati, «in ogni sagra paesana che si rispetti», dal tradizionale "ballo liscio", diffusissimo «intrattenimento ludico-musicale di forte valenza aggregativa» che, a torto, è spesso considerato di provenienza romagnola pur essendo nato in Emilia. Il tutto senza dimenticare l'apprezzatissimo Lambrusco, «il cui profumo di viola [...] conquistò financo un intenditore sopraffino come il Carducci», il quale, «se non fosse stato per la sua cattedra di letteratura all'Università di Bologna, ben volentieri si sarebbe trasferito» in quel di Sorbara.
Pure «sotto l'aspetto architettonico e paesaggistico» la Bassa è in grado di dire la sua. Le "modenesi" Carpi, Mirandola e Finale Emilia sono solo alcune delle numerose città d'arte di questa porzione di territorio padano, la cui «caratteristica unificante», per quanto concerne i centri storici, sono i portici, «vere e proprie strade pedonali coperte». Non mancano poi pregevoli esempi di edifici storici, ville, chiese e palazzi, che fanno della pianura emiliana un'area di indubbio interesse culturale, benché non sempre adeguatamente valorizzata. E dice bene Lùgari quando scrive che «nella sua apparente uniformità, il paesaggio della Bassa è vario e imprevedibile», al punto che, attraversandolo, «si ha l'impressione, talora, di viaggiare per una landa», fino a che non «si profila, all'improvviso, un alto filare di pioppi cipressini, oppure un folto giardino, una villa del Sei-Sette-Ottocento o una svettante torre medioevale che fa da guardia a un'antica corte rurale». Una di esse, la cosiddetta "Torre dei Modenesi", eretta nel 1213 a Finale Emilia per il controllo della terra di confine fra il Modenese e il Ferrarese, è stata spazzata via dal terremoto dello scorso anno. Ma siccome «i simboli, diversamente dai sogni, non muoiono all'alba», chiunque intendesse compiere in futuro un viaggio sentimentale nella Bassa ne ritroverà una traccia indelebile nella memoria collettiva.

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