(articolo apparso su Prima Pagina del 23 marzo 2014)
Monaco, 28 ottobre 1914: all'età di
novantun anni moriva Adelgonda di Baviera, moglie di Francesco V
d'Austria-Este, ultimo duca di Modena, Reggio, Massa e Carrara. Da quel giorno
è trascorso un secolo esatto, ovvero i canonici cento anni che, normalmente,
sono presi a pretesto per l'organizzazione di cerimonie commemorative e per
riempire qualche vuoto negli scaffali delle librerie. Eppure della duchessa
Adelgonda – a dispetto dell'occasione propizia – quasi nessuno parla (forse
anche perché solo una sparuta minoranza ha sentito pronunciare il suo nome
almeno una volta). Un secolo esatto, si diceva, è trascorso: cento anni come
quelli che ci separano dallo scoppio della Grande Guerra, evento di ben altra
portata di cui, già in questi primi mesi del 2014, si sta parlando e scrivendo
moltissimo. Si dirà: un conflitto mondiale merita senz'altro maggiore risonanza
della morte della moglie di un duca. Il che è sacrosanto, purché però non si
passi all'eccesso opposto. Da una parte, infatti, finisce per trovare posto –
accanto, s'intende, a numerose iniziative meritorie – anche una fastidiosa
retorica, non di rado alimentata da un profluvio di pubblicazioni scadenti e
tutt'altro che rigorose sotto il profilo scientifico; dall'altra, al contrario,
regna incontrastato il più assoluto disinteresse.
Elena Bianchini Braglia, autrice di
un'appassionata biografia di Adelgonda (pubblicata da Terra e Identità nel 2003),
fornisce la seguente spiegazione del silenzio che ha avvolto per tutti questi
anni la figura dell'ultima duchessa di Modena: «Il regime ducale è morto ormai
da un secolo e mezzo e nessuno può ragionevolmente pensare ad un suo possibile
ritorno. Eppure ci si ostina a trattare gli sconfitti da acerrimi nemici,
spesso coprendoli di menzogne o, quando ciò proprio non risulta possibile, come
nel caso della Duchessa Adelgonda, facendoli scivolare nell'oblio».
Si tratta di un'opinione
difficilmente confutabile: Modena, basta consultare un banale Tuttocittà e cercare riscontri
nell'odonomastica cittadina per averne conferma, sembra non ricordare volentieri
il proprio passato di capitale sotto la dinastia degli Este. Nessuna via – lo
sottolineiamo, nessuna – del tessuto
urbano è intitolata a un duca estense; nemmeno a Cesare – giusto per fare un
nome significativo, trattandosi del duca che nel lontano 1598 scelse Modena
come capitale dopo aver perso Ferrara, incamerata dallo Stato pontificio – è
stato riservato questo privilegio. E non si dica, a meno che non si voglia
sprofondare nel grottesco, che manca lo "spazio": illustri personaggi
vissuti nel periodo ducale e di certo non fautori di un cambio di regime
(anzi!) – si pensi a Lodovico Antonio Muratori, a Raimondo Montecuccoli, a
Gerolamo Tiraboschi –, seppur anch'essi poco conosciuti e studiati,
sopravvivono quantomeno nelle targhette che identificano alcune strade della
città. Se poi si riflette sul fatto che l'odonomastica modenese, con tutto il
rispetto che si deve alla memoria di questi uomini, trascura gli Estensi per
intitolare vie a Che Guevara, Kennedy o Lumumba (figure sulle quali ognuno è
libero di pensarla come meglio crede, ma che – si converrà – non hanno nulla a
che vedere con la storia di un capoluogo padano), ecco che risulta chiaro che
le istituzioni non hanno interesse per un certo tipo di storia, che pure è la
storia della dinastia che ha governato Modena per secoli.
C'è poi, forse, un'altra ragione per
la quale – scrive Elena Bianchini Braglia – Adelgonda di Baviera è pressoché
sconosciuta ai più: per l'intera sua vita, la duchessa, «da un punto di vista
strettamente politico, fu tutt'altro che un personaggio di primo piano». Al
contrario, si può dire che «deliberatamente scelse di vivere all'ombra del
marito». Sestogenita di Ludwig I, re di Baviera, e di Teresa Carlotta di
Sassonia-Hildburghausen, quando il 30 marzo 1842 sposò Francesco (figlio ed
erede del duca Francesco IV d'Austria-Este), la giovane principessa aveva da
poco compiuto diciannove anni. Giunse a Modena accolta da calorosi
festeggiamenti, che si protrassero per giorni. Donna dotata di spiccata
intelligenza, colta e profondamente devota, Adelgonda fu molto apprezzata dal
popolo, al punto che – ha scritto Paolo Forni – nessuno, «nemmeno i più
agguerriti avversari del regime ducale, hanno osato levare voci men che
riguardose» sul suo conto.
Divenne duchessa nel 1846, quando il
marito, morto Francesco IV, colse l'eredità paterna assumendo il nome di
Francesco V. La sua, però, non fu affatto una vita semplice. Già nel 1848 prese
la via dell'esilio, per prevenire eventuali eccessi della rivoluzione che in
quell'anno minacciava di sovvertire gli equilibri europei. Lontano da Modena,
nei pressi di Bolzano, Adelgonda diede alla luce una bambina (l'unico figlio
che ebbe), che tuttavia sarebbe morta appena pochi mesi dopo.
Per non dover affrontare il viaggio
durante la gravidanza, e in seguito per non mettere a repentaglio la salute
della primogenita, la duchessa rientrò nella capitale estense solo nel giugno
del 1849 (Francesco V, anch'egli allontanatosi da Modena durante i tumulti,
l'aveva preceduta di qualche mese per ottemperare ai suoi impegni di governo,
dopo che l'Austria, vittoriosa nella battaglia di Custoza, aveva posto termine
alla prima guerra d'indipendenza). In breve tempo la vita nel ducato tornò alla
normalità: per altri dieci anni Francesco e Adelgonda governarono in una Modena
dove si registrarono ben pochi disordini, riscuotendo in più di un'occasione un
tangibile consenso popolare, come quando, nel 1855, si prodigarono con dovizia
di mezzi per contenere gli effetti di una devastante epidemia di colera, che
costò la vita a 6.700 persone. Il regime ducale, in altre parole, pareva saldo,
come del resto la decisione di papa Pio IX di recarsi in visita nella capitale estense
si incaricò di dimostrare. Quando il pontefice fece il suo ingresso trionfale
in città era il 2 luglio 1857: difficile, per i contemporanei, prevedere che
appena due anni dopo il duca e sua moglie avrebbero di nuovo abbandonato
Modena, ma questa volta definitivamente.
Il 1859 fu infatti l'anno in cui
maturarono le premesse dell'unificazione nazionale, con la travolgente vittoria
dei franco-piemontesi a Magenta (4 giugno) nel quadro della seconda guerra
d'indipendenza contro l'Austria. A quella data, per precauzione Adelgonda era
già lontana dalla capitale estense, mentre Francesco V salutò Modena l'11
giugno, seguito dagli oltre tremila soldati di quella che sarebbe passata alla
storia come Brigata Estense. Sei giorni dopo, in città giunse il commissario
regio piemontese Luigi Carlo Farini, il quale, assunta dopo l'armistizio di
Villafranca la carica di dittatore e in seguito quella di Governatore delle
Provincie dell'Emilia, resse il governo nei territori dell'ormai ex ducato,
coordinando le operazioni di voto in occasione dei plebisciti che l'11 e il 12
marzo 1860 decretarono l'annessione al Regno di Sardegna.
Il clima di fermento rivoluzionario
travolse in poco più di un anno l'intera penisola. In cambio di Nizza e della
Savoia, Napoleone III non si oppose alle annessioni nell'Italia centrale,
mentre la spedizione dei Mille, la benevola neutralità inglese e l'isolamento
dell'Impero asburgico di fatto consentirono che il Risorgimento terminasse con
un esito imprevisto. Il 17 marzo 1861, il primo Parlamento nazionale sanciva la
nascita del Regno d'Italia, proclamando Vittorio Emanuele II re «per grazia di
Dio e volontà della nazione».
A questi eventi, Adelgonda e
Francesco assistettero con rassegnazione dall'esilio. Trascorsero il resto
della vita prevalentemente a Vienna e nel castello di Wildenwart, in alta
Baviera. L'ultimo loro atto di sovrani fu lo scioglimento della Brigata
Estense, che prese congedo il 24 settembre 1863, a Cartigliano Veneto, al
termine di una commossa cerimonia. Rimasta vedova nel 1875, Adelgonda visse
ancora a lungo, spegnendosi il 28 ottobre 1914, all'età di novantun anni. Come
Francesco V, è sepolta nella cripta della chiesa dei Cappuccini di Vienna, dove
riposano i membri della dinastia imperiale asburgica.
Oggi, a distanza di un secolo dalla
sua morte, si presenta l'occasione di celebrarne la memoria. A prescindere dal
giudizio che è possibile dare della sua vita, sarebbe opportuno tenere conto
del fatto che l'obiettivo primario della storia non è emettere sentenze: anche
ammesso – e non è certo questo il caso – che Adelgonda fosse espressione di un
regime tirannico e sanguinario, non avrebbe comunque senso rifiutarsi di
conoscere il suo passato. Perché questo è, in definitiva, il vero compito della
storia: permettere all'uomo, nel bene e nel male, di ricordare. Nessuno infatti
merita la damnatio memoriae. Più che
la voce dei morti, un paese libero dovrebbe temere il silenzio dei vivi.
Focus:
Martedì 25 marzo, su invito dell’associazione culturale
Terra e Identità, sarà a Modena il Console Generale Aggiunto della Repubblica
Federale Tedesca Peter Von Wesendonk, per visitare i luoghi della vita modenese
di Adelgonda di Baviera. In mattinata il Console incontrerà il Sindaco Giorgio
Pighi, poi, accompagnato da alcuni componenti del Comitato che si è creato per
organizzare le celebrazioni di Adelgonda, visiterà il Palazzo Ducale aperto per
l’occasione, con la consueta disponibilità, dalle autorità militari.
Questa visita riveste una particolare importanza, poiché
si tratta del primo passo per creare una collaborazione tra Modena e lo Stato
della Baviera nell’organizzazione di celebrazioni che possono assumere un
risvolto promozionale reciproco, con ricadute positive sul turismo.
Chi fosse interessato a ricevere informazioni sui lavori
del Comitato per le celebrazioni del centenario della morte di Adelgonda di
Baviera, può contattare l’associazione Terra e Identità, che fornisce
l’appoggio logistico. Tel. 059 212334 - E-mail info@terraeidentita.it
Appuntamento ogni domenica su Prima Pagina con la rubrica La nostra storia